di Tommaso Tuccone e Patrizia Molteni

 

Le cassapanche sarde erano sinonimo di Mastru Mimmiu Solinas, celebre artigiano buddusoino che per cinquanta anni fece rivivere in stupefacenti mobili di noce, castagno, mogano, ciliegio e altro pregiato legno preziosi manufatti della Sardegna rinascimentale, barocca e settecentesca, ingentilendone le forme secondo il suo estro.

Nacque a Buddusò nel 1897; all'età di 17 anni partecipò alla prima guerra mondiale ed in seguito all'impresa di Albania. Ritornò a casa con due ferite riportate in combattimento ed alcune decorazioni. Toltosi il grigio-verde indossò lo spolverino dedicandosi subito al suo lavoro preferito, le opere d'arte in legno in stile sardo-rinascimentale. Era solito dire: "sono figlio di un falegname ed ho seguito la via di mio padre; già da piccolo avevo la passione per il legno scolpito. Da ragazzo, un po' per gioco, cominciai ad intagliare il legno dandogli la forma dei frutti: mele, pere, fichi d'India. furono i miei primi lavori".

 

Nel 1925 era gia presente con le sue opere all'Esposizione Industriale di Firenze, dove gli vennero conferiti il primo premio e la medaglia d'oro. Subito dopo partecipò a Milano ad un'altra esposizione, anche qui altra medaglia e altro premio. Da questo momento fu un susseguirsi di successi, esposizioni in Francia, Svizzera, Danimarca, Giappone e altre nazioni. Richieste di sue opere venivano da tutte le parti d'Europa e d'America: richieste che non poteva esaudire perché la produzione, tutta artigianale, era inferiore alle richieste.

  Molte sue opere ornano anche oggi i salotti delle abitazioni di personaggi ricchi e raffinati; lo stesso principe Aga Khan ha voluto ed ottenuto che una delle sale della sua residenza in Costa Smeralda fosse arredata con mobili realizzati da "Mastru Mimmiu". La sua opera è presente in molte chiese della Sardegna con pulpiti, confessionali, candelabri, mense eucaristiche ed altri arredi di varia natura. Anche diversi municipi posseggono sale consiliari e arredi che suscitano l'attenzione e l'ammirazione di chi li osserva.

  Nonostante il susseguirsi di tanti successi non si montò la testa, né volle mai accogliere le richieste rivoltegli da vari istituti per averlo quale professore. Ugo Dessì lo ricorda con queste parole:"Porto viva nel ricordo l'immagine di un uomo solo, piccolo, povero che fra quattro muri rozzi di granito ha compiuto il prodigio di imprimere nella materia bruta l'anima, la poesia, il calore della gente sarda. Ho sentito l'orgoglio per questa nostra gente ricca di valori e capace di esprimerli nonostante la rudimentalità e la povertà di mezzi".

 

 

GOOD MORNING PARIS

di Patrizia Molteni

 

Una nuova sfida per l'artigiano sardo che ha partecipato al restauro delle opere lignee della Fenice: rifare una lussuosa villa sui Champs Elysées a Parigi per il prestigioso studio di architetti Design 2000.

  Vi ricordate quella scena del film Good Morning Babilonia (Fratelli Taviani) in cui i fratelli Bonanni, partiti per l'America in cerca di fortuna e confrontati a tutti i problemi degli emigrati, lanciano con orgoglio: "siamo i pronipoti dei pronipoti dei nipoti di Michelangelo…"?

  E' a questa scena che ci fa pensare Mario Renzo Solinas, intagliatore su legno, figlio di Mastru Mimmiu, che, un po' come Mastro Geppetto, può far fare al legno tutto ciò che vuole.

  E' a lui, Mastru Mimmiu, che ha aperto il laboratorio di intaglio a Buddusò (vicino Sassari, in Sardegna) con il prezioso sostegno d'I.S.O.L.A. (Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano), istituto che, dalla sua fondazione difende gli artigiani locali. E' lui che ha saputo tramandare al figlio e a tutta una generazione, la sua passione per il legno. Solo qualche anno dopo la sua morte, la città di Buddusò gli ha dedicato una strada, quella in cui si tiene ogni anno il simposio di scultura su legno intitolato a "Mastru Mimmiu Solinas".

  Mario Renzo ha ripreso l'attività nel 1978. Con il padre si erano specializzati nella decorazione di sale consiliari, personalizzandole con elementi propri alla città o al paese, per esempio rappresentando la fontana, lo stemma, un particolare distintivo. Insieme ne hanno fatte più di cinquanta: dalla prima, quella di Buddusò nel 1960, in più altari, portoni di chiese e opere lignee di ogni genere. Il prossimo cantiere sono gli intagli lignei del Teatro di Sassari con gli architetti Lubiani e Ticca.

  Parallelamente al lavoro di intaglio, Artintaglio, la ditta diretta dalla moglie di Mario Renzo, Rosalia e dal figlio Giovanni Maria (che condivide con l'illustre nonno il nome di battesimo e il giorno di nascita), ha lanciato delle formazioni per i giovani, spingendo oltre i laboratori spontanei del padre: "i ragazzi correvano al laboratorio dopo la scuola per scoprire l'arte della scultura su legno", dice un compagno dell'epoca. E' proprio in queste formazioni che Solinas trova i suoi "Collaboratori".

E soprattutto che non si dica che sono degli impiegati: ognuno di loro è parte integrante dell'avventura della ditta, adottato dalla famiglia e dal paese. "E' grazie a loro, a tutti quelli che hanno lavorato e lavorano per noi che abbiamo potuto fare tutto quello che abbiamo fatto". Il nucleo degli irriducibili è costituito dalla nipote Maria Villa e Angelo Beccu, intagliatori di punta, Gianmaria, Nino e Gianni, falegnami.

  Ma è grazie al lato sognatore di Solinas che sono arrivati alla Fenice, anche se la sua modestia attribuisce tutto il merito di questo exploit ai consigli dell'architetto Larner, docente all'Università di Venezia, e al geometra Antonio Canalis, anche Presidente del Comitato Lingua Sarda Regionale nel mondo. Comunque sia, è un sogno che gli è venuto guardando le immagini della Fenice in fiamme. E' in quel momento che ha pensato:"La rifaremo noi". Si è documentato. Per settimane intere ha guardato e riguardato i documentari che la RAI diffondeva di notte, ha cercato di capire. Al momento di candidarsi, Solinas non aveva solo da mostrare le opere gia realizzate; aveva soprattutto una grande conoscenza dei luoghi e del lavoro dei suoi predecessori.

Capitava bene: il motto della SACAIM, incaricata di rifare la Fenice era: "dov'era e com'era". Dov'erano e com'erano. Artintaglio ha rifatto una trentina di colonne, 500 palme, 400 fiori, 15 specchi, etc. In breve hanno rifatto quasi interamente il foyer. "Non ho inventato niente, si schernisce Solinas, ho solo rifatto l'esistente".

  Come la Fenice che rinasce dalle ceneri, la Fenice è rinata, identica all'originale. 

DA VENEZIA A PARIGI CON DESIGN 2000

La Fenice, l'araba Fenice… Una strana coincidenza che ha portato Artintaglio a lavorare per uno studio di architettura molto reputato in Medio Oriente, Design 2000 di Roma. Nato negli anni 70, quando la parola "duemila" evocava ancora il futuro e idee di avanguardia, si è quasi subito specializzato nella vendita di mobili e nei progetti di interni per i paesi arabi, mi spiega l'architetto Magliocchetti di Roma. E' stato possibile grazie al contributo di geniali collaboratori con cui Design 2000 è cresciuta in questi anni.

 

Nello spirito sono molto vicini: come Artintaglio, Design 2000 lavora come all'epoca del Rinascimento, facendo venire materiali ed artigiani dall'Italia. Al momento hanno tre cantieri a Parigi, tra cui una sontuosa villa del 1812, vicino agli Champs Elysées. Ed ecco che Solinas e il suo gruppo di collaboratori sono stati chiamati a ristrutturare tutte le parti lignee, tra cui la libreria e la scala che sono finemente intagliate.

Sono dunque venuti a passare dei lunghi soggiorni a Parigi. Difficile? "Un po', ma noi sardi possiamo sempre contare sulle comunità di emigrati. L'associazione Art et Culture en Sardaigne e la sua Presidente Giusy Porru ci hanno aiutato molto. Ci hanno fatto sentire a casa. La gente come Giusy Porru è un faro per i sardi all'estero" dice Solinas.

Come dire che è tutta una questione di radici. Radici di un'arte, trasmessa di padre in figlio, radici di una terra, che avvicinano la gente anche a migliaia di chilometri.

L'articolo di Patrizia Molteni è tratto dal bimestrale "Focus Magazine - l'Italia in Francia", settembre - ottobre 2005, n. 74.